GLI STUDI CLINICI

Nonostante i numerosi progressi della ricerca scientifica sulle malattie del sangue, sono ancora tante le domande che al momento non hanno una risposta. La modalità che viene utilizzata in medicina per progredire nella conoscenza delle malattie è l’utilizzo di Studi Clinici (SC).

Gli SC sono ricerche che coinvolgono pazienti e riguardano lo studio relativo alla malattia o al loro stato di salute. Viene così valutata l’efficacia e la sicurezza del trattamento studiato, il tasso di sopravvivenza, la prevenzione, la qualità della vita.

Tutto attraverso la raccolta di dati epidemiologici che consentono di valutare l’incidenza, la prevalenza, le cause della malattia, l’individuazione di nuove tecniche diagnostiche, l’efficacia e la sicurezza di terapie standard e lo stato del paziente durante il follow-up.

Gli SC ci aiutano quindi a conoscere meglio le malattie, a valutare l’adeguatezza delle terapie in uso, a trovare nuovi percorsi di cura sempre più personalizzati per i pazienti e sono essenziali perché permettono di trasferire le acquisizioni della ricerca biomedica alla pratica clinica.

Le terapie standard (o convenzionali) più moderne ed efficaci utilizzate oggi nella pratica clinica per la cura delle malattie ematologiche sono infatti il risultato di studi clinici precedenti.
La ricerca di oggi è la cura dei pazienti di domani!

Cos’è uno studio clinico?

Gli SC sono progetti di ricerca che coinvolgono in genere un ampio numero di pazienti e possono riguardare:

  • la cura della malattia attraverso nuove forme di trattamento, più efficaci e/o meno tossiche: farmaci nuovi o dosaggi e combinazioni innovative di farmaci già utilizzati regolarmente;
  • le tecniche diagnostiche;
  • il miglioramento della qualità della vita durante e dopo le cure;
  • il miglioramento delle conoscenze biologiche e cliniche della malattia.


I dati raccolti nel corso dello studio vengono quindi analizzati da personale specializzato in statistica, per ottenere dei risultati che vengono quindi condivisi a livello internazionale con tutta la comunità medica e scientifica.

Tipi di studi clinici

In questo tipo di studi il ricercatore si limita a “osservare” per identificare fattori di rischio o protettivi di una malattia, studiarne le cause e le possibili strategie di intervento, o per raccogliere dati sulla sicurezza delle normali condizioni d’uso delle terapie, sulla bontà della pratica clinica, sull’appropriatezza delle cure.

La terapia che viene somministrata al paziente è quella standard prevista dalla normale pratica clinica e i pazienti vengono sottoposti alle sole procedure previste di routine per la diagnosi, il trattamento della malattia e le indagini di controllo dopo il trattamento.

Gli studi osservazionali possono essere retrospettivi (cioè studi condotti su dati presenti in archivi e già disponibili) o prospettici (cioè studi su dati che vengono raccolti nel corso dello studio e poi analizzati).

Si tratta di studi utilizzati prevalentemente per valutare l’efficacia e la sicurezza di nuove terapie, finalizzati a stabilire il bilancio beneficio/rischio di queste. Gli studi interventistici sono di 4 tipi, che vengono definiti “fasi” perché ogni tipo si distingue dagli altri in base alla “fase” di avanzamento dello sviluppo di un nuovo farmaco.

Gli studi di Fase I sono quelli in cui una terapia già sperimentata in vitro (cioè in laboratorio) o su animali viene testata sugli esseri umani. Che sia una nuova molecola, o una nuova combinazione di farmaci già noti, una nuova via di somministrazione, o una nuova formulazione, lo scopo degli studi di Fase I è valutare la tollerabilità e le proprietà farmacocinetiche di un trattamento (cioè a quali dosi la terapia agisce e come agisce, e a quali dosi diventa tossica).

La dose di farmaco individuata come quella migliore nel corso di uno studio di Fase I è quella che viene usata negli studi di Fase II, in cui è inserito un numero ristretto di pazienti, che raccolgono ulteriori e più approfondite informazioni sull’effettiva efficacia e del farmaco.

Gli studi di Fase III, con un numero più ampio di pazienti arruolati, sono quelli tramite i quali si dimostra in maniera definitiva se la terapia sperimentale è più o meno efficace e più o meno tossica rispetto alla terapia standard (terapia che al momento in cui lo studio viene progettato viene considerata la più adatta per quel tipo di pazienti nella pratica clinica), confrontando le due terapie in uno stesso studio. In questi studi i pazienti vengono divisi in due gruppi che vengono definiti “bracci”: nel braccio di controllo i pazienti ricevono la terapia standard, mentre nel braccio che prevede la terapia innovativa (braccio sperimentale) i pazienti ricevono la terapia che si vuole testare nello studio. Gli studi di Fase III vengono anche chiamati “randomizzati”: questo perché non sono né il medico né il paziente a scegliere la terapia standard o quella innovativa, ma il braccio di terapia viene assegnato al paziente sulla base del caso ovvero in seguito a randomizzazione (cioè assegnamento casuale). La randomizzazione viene eseguita tramite programmi computerizzati da personale esperto in statistica in modo da garantire che i due gruppi di pazienti siano omogenei tra loro, requisito indispensabile per ottenere dallo studio risultati corretti e di qualità. Gli studi randomizzati di Fase III sono solitamente molto ampi (coinvolgono da qualche centinaio a qualche migliaio di pazienti) e sono sempre multicentrici, ovvero coinvolgono molti ospedali diversi, localizzati spesso in nazioni diverse, in modo da raccogliere il maggior numero possibile di dati.

In alcuni casi, se tecnicamente fattibile, è anche possibile che lo studio sia condotto in cieco. Ciò vuol dire che né il paziente né i medici del centro sanno se il paziente stia ricevendo la terapia standard o la terapia sperimentale. Questo permette di migliorare ulteriormente la qualità dei dati ottenuti.

Gli studi di Fase IV vengono condotti dopo la registrazione (ossia dopo la commercializzazione del nuovo farmaco o terapia) e sono studi che hanno lo scopo di monitorare il farmaco dopo la sua immissione in commercio e nelle sue reali condizioni d’uso per raccogliere informazioni sull’efficacia e soprattutto sulla sicurezza del medicinale a lungo termine, approfondendo anche le possibili interazioni del nuovo farmaco con altre sostanze. Tali studi valutano se esistono sostanze che, somministrate insieme al farmaco, possono influenzare l’azione del farmaco stesso, rendendolo meno efficace o più tossico.